La città di Bitonto

La città è stata descritta come "un 'isola di ulivi sul mare" per essere circondata dalle coltivazioni di ulivi, che ne caratterizzano il paesaggio.
Il territorio comunale fa parte del Parco Nazionale dell'Alta Murgia e comprende 1.959 ettari della superficie complessiva del Parco (67.739 ettari).
La presenza umana nel territorio risale all'epoca neolitica, testimoniata dai ritrovamenti di manufatti (ceramica impressa) tra la città e la costa e da insediamenti in grotta nella Lama Balice, forse dovuti a gruppi umani provenienti dalla penisola balcanica approdati circa 10.000 anni fa sulla costa. Vi sono tracce di presenza minoica e si è ipotizzato uno stanziamento di genti provenienti da Creta in seguito ad un terremoto alla metà del XV secolo a.C..[citazione necessaria] Un insediamento dell'età del ferro è testimoniato presso un'ansa del Tiflis.
La città fu forse di fondazione peuceta e successivamente greca, come testimoniano le monete con l'eroe tarantino Falanto e la legenda in caratteri greci "BITONTINON", del V secolo a.C.. In epoca romana fu municipio situato lungo la via Traiana, nel punto in cui da questa si distaccava la via Vectabilis per Peucetios citata da Strabone per Ceglie, Rugliano e Conversano.
Fu forse sede vescovile prima dell'anno 1000. Nel Medioevo fu in contrasto con Bari per il possesso della zona costiera di Santo Spirito. Nel 1010 fu teatro della rivolta di Melo contro i Bizantini.
Venne citata nel Decamerone di Giovanni Boccaccio, parlando della antichissima fiera di San Leone.
Non avendo adunque più modo a dover fare della giovane cavalla, per parole che dette aveva compar Pietro, ella dolente e malinconiosa si rivesti' e compar Pietro con un asino, come usato era, attese a fare il suo mestiere antico, e donno Gianni insieme n' ando' alla fiera di Bitonto, nè mai piu' di tal servigio il richiese.
(Dalla novella decima della giornata nona, Decamerone di Giovanni Boccaccio.)
Sede di marchesato sotto gli Angioini, passo' sotto la dominazione di varie signorie: Caldora, Ventimiglia, Acquaviva, Cordova, finchè divenne città libera nel 1552, dietro pagamento di una cifra non indifferente per l'epoca: 66.000 ducati.
Il 26 maggio 1734, durante la guerra di Successione polacca, nel campo di San Leone l'esercito spagnolo di Carlo di Borbone (il futuro Carlo III) vi sconfisse gli Austriaci, assicurando ai Borboni il possesso del regno di Napoli.
(Per approfondire, vedi la voce Battaglia di Bitonto.)
Nel 1928 la frazione di Santo Spirito, unico accesso alla costa, è passata al comune di Bari.
E' stata visitata da papa Giovanni Paolo II nel 1987 e in ricordo di quest' ultimo evento è stata esposta una lastra in marmo sulla porta Baresana.

Lo stemma raffigura due leoni a rappresentare i due "sedili" della città, quello dei nobili e quello dei popolani. Al centro, tra i due leoni troviamo, piantato su un prato verde, un ulivo che rappresenta la maggior fonte di ricchezza.
Fra i rami troviamo cinque storni con rispettive cinque olive che rappresentavano le cinque famiglie che ebbero Bitonto come feudo e che la arricchirirono con suggestivi palazzi: Regna, De Lerma, Sylos, Vulpano e Labini.
La fascia riporta il motto: AD PACEM PROMPTUM DESIGNAT OLIVA BOTUNTUM ("l'oliva designa Bitonto a proporre la pace").
Nello stemma sono utilizzati colori con significati simbolici: il verde, colore delle olive, simbolo di pace, l'oro, simbolo di ricchezza e prosperità e il bianco, ad indicare la fede.

La chiesa ha un imponente facciata tripartita, con tre portali, tra cui spicca quello centrale, scolpito riccamente con scene del Nuovo Testamento. Nella parte alta è ornata da quattro bifore e da uno splendido rosone a sedici bracci, fiancheggiato dalle sculture di due animali. La parte meridionale che si affaccia sulla piazza è decorata con motivi a esafore, le cui colonnine presentano capitelli figurati, scolpiti con volti di uomini tutti diversi.
L' interno è diviso in tre navate separate da colonne che sostengono archi a tutto sesto.
Si conserva un ambone scolpito, dove sono raffigurati un uccello, forse un grifone, e gli imperatori svevi: Federico I Barbarossa, Enrico VI, Federico II e il figlio Corrado (da sinistra a destra). Vi è iscritto il nome del prete Nicola, il quale ebbe a che fare anche con la cattedrale di Trani, e la data (1229). Il pulpito in marmo scolpito, venne realizzato da Gualtiero da Foggia nel 1240.
Sotto l'attuale chiesa si trova una cripta che conserva i resti di una chiesa precedente (V-VI secolo: gli scavi attualmente in corso hanno portato alla luce affreschi databili tra il IX e il XII secolo, sculture e mosaici. I pavimenti della chiesa piu' antica subirono diversi restauri, a causa della sua lunga frequentazione, uno dei quali comporto' il rifacimento in grandi tasselli calcarei. E' stata rimessa in luce la raffigurazione di un grifone che con la sua doppia natura (corpo di leone e testa di aquila) simboleggia la doppia natura di Cristo, umana e divina (XI secolo.
Negli scavi sono stati rimessi in luce anche reperti di epoca precedente, dalle ceramiche protostoriche alle monete di epoca romana.

Interno del Palazzo Sylos-Vulpano

Palazzo Sylos-Vulpano, oggi monumento nazionale, è noto per le decorazioni del cortile interno. La costruzione risale al 1445 per volere di Angelo Vulpano, su una precedente torre medioevale, recentemente rinvenuta nel loggiato. La torre era stata forse costruita intorno al 1156, momento di arrivo a Bitonto di Goffredo Vulpano per sfuggire alle devastazioni di Guglielmo il Malo. Il palazzo segue il modello rinascimentale toscano, con cortile quadrangolare al centro, adattato al pendio naturale del terreno. Il portale di ingresso è in stile tardogotico aragonese e nel cortile si trova una loggia decorata da sculture che celebrano le virt�� civiche della famiglia Vulpano (Annibale Vulpano è raffigurato insieme a Scipione e Antonio Pio Vulpano con l'imperatore Nerone; vi si trovano inoltre una scena con il mito di Orfeo e una con mostri marini. Nella loggia si trova una epigrafe che testimonia i flussi commerciali con altre importanti famiglie italiane. E' presente uno stemma della famiglia Vulpano e uno della famiglia Sylos, che piu' tardi acquisto' il palazzo. In epoca successiva ha subito allargamenti che hanno occupato spazi originariamente all'aperto. Disabitato dal 1979, non è in buono stato di conservazione.
Palazzo De Ferraris-Regna, il cui primo nucleo risaliva al XIV secolo e si estendeva fino all'"arco pinto", fu ricostruito tra il 1586 e il 1639 dalla famiglia Regna, giunta a Bitonto con Paolo Regna, preso in ostaggio a Milano da Federico II. Il palazzo presenta un portale con colonne di ordine dorico e finestre trasformate in seguito in balconi.
Palazzo De Lerma, fatto costruire nel XVI secolo da Girolamo De Lerma, in un'area precedentemente appartenente alla diocesi. In stile rinascimentale, con trasformazioni barocche successive e balconi aggiunti nel XVIII secolo. Tra il palazzo e la Cattedrale vi è una loggia cinquecentesca con suggestiva decorazione angolare.
Curia Vescovile, situata nel cortile della cattedrale, un tempo era proprietà vescovile e veniva chiamato in dialetto Cretigghie de menzegnaure.
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Il dialetto bitontino ha mantenuto le sue radici linguistiche piu' antiche e reca traccia della lunga presenza di dominazioni diverse (greci, francesi, austriaci e spagnoli): ad esempio la versione dialettale del termine italiano "bambola", peup, deriva dal francese poupè.
Tradizionalmente si distinguono due varianti, distinte secondo il modo di pronunciare la frase "tu devi stare qua": questa infatti nella variante detta "antica" diventa "teu a da steu dou" e nella variante detta "civile", meno accentuata, "to da sta do".
Nella pronuncia dialettale tutte le parole, escluse quelle con accento sulla vocale finale della parola, si pronunciano aggiungendo una "e" muta francese alla fine. Nelle parole che in lingua italiana presentano una "u", questa viene fatta precedere da una "e" nella variante "antica" (ad esempio, l'italiano "tu" diventa teu) o mutata in una "o" nella variante "civile" ("tu" diventa to), mentre la i su cui cade l'accento, non preceduta o seguita da altra vocale, viene fatta precedere da una "o" (ad esempio, l'italiano "partita" diventa partoit). La desinenza finale in "-one" dell'italiano diventa aun (ad esempio l'italiano "processione" diventa precessiaun, e quindi, poichè le due "e" sono mute prcssiaun).
L'articolo al singolare è la al femminile e u al maschile, mentre al plurale è in entrambi i casi r.
L'infinito della prima coniugazione dei verbi (in "-are" in italiano) diventa in "-eu" nella variante "antica" (da "stare" diventa steu) o viene troncato in "-a" nella variante "civile" (da "stare" diventa sta).
Gastronomia ed Economia
I piatti tipici bitontini sono legati essenzialmente al prodotto principe, l'olio d'oliva: pane sale e olio, la cialledd e u' benditt. Come ho detto predentemente, Bitonto è immerso praticamente in una vasta area piena di antichissimi alberi di ulivo. E'proprio l'ulivo a rappresentare la colonna portante dell'economia locale.


Oltre la frazione di Mariotto si trovano inoltre vigne, destinate alla produzione di vino (tra cui i vini Zagarello). Si coltiva inoltre il mandorlo e altri alberi da frutta (pere, fichi e percoche, frutti simili alle pesche) e i cereali, con produzione di tipi di pane locali ("taralle de masse"). Presente anche la produzione di latte.
Presente l'industria tessile (marche come Ciuffinoe Major e il settore edilizio, trainato dalla crescita della popolazione e che ha visto la crescita in particolare della frazione di Palombaio.
In crescita il turismo, soprattutto culturale. Il commercio è basato soprattutto sulle tradizionali fiere ("fiera di San Leone" e "fiera dei Santi Medici.
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