Sissignori, molto spesso, soprattutto nel periodo invernale i turisti o comunque i forestieri che giungono in terra barese, sentono ripetere di bocca in bocca (magari dai veraci baresi) questa frase: """"Mò staser c'ammen la bavett""" ed ancora """"Para a vdè ca n'à cadè l'acidde"""".
Ebbene, andando ad analizzare gli interi periodi precedentemente indicati, per chi non ne sapesse il significato, è piu' corretto che non si faccia fuorviare e venga portato a trarre conclusioni affrettate.....
Infatti, si potrebbe ricorrere all'aiuto di internet; si scoprirebbe quindi che, andando a ricercare tra i vocaboli presenti, il termine "BAVETTA" porterebbe ad ottenere il seguente significato: """bavetta[ba-vét-ta] s.f.
1 aut. Pezzo rettangolare di gomma sospeso dietro le ruote posteriori dei veicoli con funzione di parafango
2 (al pl.) Tipo di pasta alimentare a forma di spaghetto appiattito• dim. bavettina
• sec. XVI"""" (http://dizionari.corriere.it/ ). No, no ed ancora no!!!!ERRORE!!!.
Le frasi oggetto di "studio" in realtà vengono tradotte in italica lingua cosi': """Caspita, sta arrivando davvero una corrente d'aria molto fredda""" e, a seguire, """"Quasi quasi che se continua con questa aria cosi' fredda, gli uccelli potrebbero non riuscire a volare e di conseguenza cadere a terra""""" .
Insomma amici, vedete come poche popolari parole possano significare davvero tantissimo nell'ambito del gergo cittadino del "Barensis Populi".
Inoltre, direi che è consuetudine apostrofare con queste simpatiche espressioni linguistiche le ghiacciate passeggiate fatte sul lungomare di Bari, durante l'inverno (perchè poi andarci con il freddo non lo so...).
Il tutto comporta logicamente che, a termine di dette frasi, le persone interessate si accomogghien/escen bell bell (si coprano per bene con sciarpe, cappelli, guanti, etc) per ripararsi dalle raffiche di freddo presenti!!!.
Ma per fortuna si torna prima o poi a casa e ci si riscalda.
Agli inizi del secolo scorso, quando le abitazioni non erano ancora isolate dal freddo e non si disponeva del riscaldamento autonomo, la prima cosa che veniva richiesta dalle donne ai rispettivi mariti, era quella di """appiccià u'fuech""" . Ecco dunque che, in quella circostanza, gli uomini effettivamente provvedevano ad "accendere il fuoco" nel caminetto o comunque nella stufa a carbone. Molte di queste stufette avevano a disposizione un piano cottura superiore che permetteva di tenere calde le pietanze o addirittura essere utilizzate proprio per cucinare. Alcuni di questi apparecchi, inoltre, avevano canne fumarie di scarico che correvano lungo le pareti dell'abitazione stessa, riuscendo a far propagare il calore emanato in tutta la casa!Solo molto tempo dopo si scopriva pero' che questo tipo di riscaldamento era cosi' originale, ma altrettanto pericoloso. L'utilizzo dei carboni, infatti, spesso poteva portare ad avere conseguenze serie per chi ne respirava di continuo i gas tossici, rilasciati durante la combustione. Il monossido di carbonio, per la precisione, nel tempo causava piu' danni fisici alle persone che non gli effetti di riscaldamento desiderati. Ma nelle abitazioni di un tempo, il carbone veniva adoperato poi anche in altri ambiti e su altrettanti congegnetti ingegnosi. Infatti, per ottemperare allo stiramento dei vestiti, si ricorreva al ferro da stiro a carbone (foto by http://i27.tinypic.com/2s0ltkw.jpg). Si potevano trovare in commercio apparecchi fatti in ferro, ottone o ghisa principalmente (e con costi differenti). L'utilizzo era molto semplice: si procedeva ad inserire nel forno acceso piccoli pezzi di legno o comunque carboni già pronti e si aspettava che questi diventassero ardenti. A questo punto venivano tolti dal fuoco e subito inseriti all'interno di questo simpatico ferro da stiro, composto da due sezioni (superiore ed inferiore) perfettamente chiudibili tra loro, attraverso un apposito fermo anteriore. La levetta veniva quindi posizionata in maniera tale da mantenere bloccate le due aperture ed il ferro da stiro era pronto per il suo utilizzo. Logicamente la durata del calore del ferro era sicuramente minore rispetto a quella degli attuali apparecchi in commercio ma il risultato era strepitoso!!Percio', a seconda della quantità di capi da stirare, si procedeva a vari cambi di carboni roventi. In conclusione, tante volte a Bari quando fà freddo ci si ricorda dei tempi passati in cui non c'erano sicuramente tante belle comodità che si hanno oggi. Ora come ora, pero' credo che la cosa piu' importante, sia quella di rivivere le giornate fredde, stando in compagnia della propria famiglia, o con le persone piu' care, e sentire addosso il vero calore umano, quello che non muore mai, quello che non finisce mai e riscalda sempre.
Immagine lungomare by: http://farm3.static.flickr.com
Immagine stufa by: http://www.geocities.com
Etichette: bari, capocomitiva, carbone, famiglia, ferro, freddo, gelo, riscaldamento, storia, stufa, tempo
7Comments:
Il barese stretto spesso non lo capisco neppure io. eppure Conversano è a 2 passi!
Ciao
8/11/08 14:12
E' vero cio che dici. Infatti, basta allontanarsi di pochissimi kilometri da bari che si possono trovare diversi dialetti, ognuno con caratteristiche ben distinte e diverse dall'altro.E questa è Bari, questa è la Puglia, territori attaccati geograficamente ma effettivamente divisi da differenti idiomi. Assurdo ma è proprio cosi'. Che spettacolo!!!!
8/11/08 14:32
e se è per essere il barese stretto stretto è difficile anche per molti baresi stessi!
8/11/08 14:56
Infatti, anche a seconda di taluni quartieri cambiano gli accenti; incredibile ma è proprio cosi'. Se vai a "Bari vecchia" puoi' sentire parlare il dialetto barese verace; a Japigia, invece, ne troverai uno sicurmante simile ma non uguale e via dicendo. Mah!!!
8/11/08 19:02
Ubaldo comunque grazie di essere venuto a trovarmi sul blog. Per i visitatori, Ubaldo è anche lui membro del forum di mtb come me!!!!Ciao wallio'!!!
8/11/08 19:04
Bel post, specie per uno che è vissuto più di vent'anni alle case INA sul lungomare Nazario Sauro in quel cancello tra il Caffè Riviera e l'Albergo delle Nazioni. Sapessi che bavetta ammenava.
Ti ho linkato su questo post di un blog dedicato ai dialetti al quale collaboro.
Scusa se ti ho fregato la foto, ma quando vedo il lungomare mi commuovo.
8/11/08 21:23
Caro Pierangelo, grazie per le tue parole. Fai quello che reputi opportuno fare, ci mancherebbe. La foto del lungomare, per dovere di cronaca, non è mia ma la ho estrapolata da internet come puoi bene vedere.
Grazie per avermi linkato sul tuo blog , ora subito ricambiero' la cortesia.
Grazie ancora e torna a trovarmi quando vuoi.
Sergio.
9/11/08 10:15
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